Nel 1486 vivevano a Verona tre calzolai: Guglielmo, Gianantonio e Giampietro. Provenivano da Novara e avevano trovato lavoro nella città scaligera, in via della Beverara.
Giampietro era riuscito a mettere da parte 50 ducati, una notevole somma per quei tempi. Invidiosi e avidi, gli altri due amici si accordarono per invitarlo al mercato di Lonigo, con l’intento segreto di ucciderlo e derubarlo.
Partirono il 30 aprile (così dice lo storico Bertani, ma altri riportano il 29 aprile). In quei tempi di violenza, anche gli artigiani si mettevano in viaggio armati: Gianantonio si munì di coltello a doppio taglio (pistolese), Guglielmo di spada e Giampietro di pugnale. Pernottarono a Lonigo e il lunedì mattina si recarono al mercato ove comprarono, tra l'altro, del panno bianco.
Dopo pranzo erano già sulla strada del ritorno.
Lontani appena qualche chilometro dalla cittadina, nelle vicinanze della
chiesa di S. Pietro in Lamentese, si fermarono:
Giampietro infatti, per necessità naturali, abbandonò la strada momentaneamente.
Fu allora che Gianantonio e Guglielmo misero in atto il loro piano omicida:
Gianantonio balzò contro di lui e lo colpì al
cuore con il coltello; Guglielmo lo aiutava, tenendo fermo a terra il malcapitato,
in modo che i colpi andassero a segno. Dopo l’assasinio, s’impadronirono del panno e
della borsa del denaro e si nascosero nella vicina chiesa di S. Pietro per dividere
il bottino.
Depositarono il tutto sopra l’altare e iniziarono a contare i ducati.
Ma Guglielmo, sollevando lo sguardo verso il dipinto della Madonna Assunta,
pentito disse:
- Abbiamo fatto male!
Rispose Gianantonio:
- Chi lo sa?
Replicò Guglielmo:
- Iddio e la Vergine Maria!
Gianantonio, bestemmiando, concluse:
- Se credessi che questa Vergine Maria conoscesse quello che ho fatto,
le darei dieci ferite!
Così dicendo, prese il coltello ancora insanguinato e colpì l'immagine all'occhio
sinistro e al petto. Dalle ferite sgorgò sangue e il dipinto mutò sembianze:
la Vergine disgiunse le mani e abbassato il capo, portò la mano sinistra sulla tempia
ferita, in atto di dolore, e la mano destra sulla cintura vicino al petto.
I due malviventi, impauriti, fuggirono verso Verona,
ma il misfatto e il prodigio furono subito scoperti dagli abitanti
del luogo che denunciarono l'accaduto.
Le autorità veronesi riuscirono a condannare e giustiziare il pentito,
ma l'efferato aggressore fuggì, bandito per sempre dalla Serenissima Repubblica di Venezia. ...
In breve il luogo divenne meta di devozione e di pellegrinaggio.
Si volle allora fare luce anche sul miracolo, e il vescovo di Vicenza, Pietro Bruti,
fece iniziare le indagini. Già nel 1492 il processo poteva dirsi concluso, sette
testimoni ne avevano provato la veridicità: la Madonna non solo si era mossa, ma
continuava ad operare miracoli rispondendo alle preghiere dei fedeli.